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Giovedì, 25 Apr 2024

Rubrica di commenti iconografici.

IL NOSTRO PICCOLO PATRIMONIO


Una collezione di icone? Quando parliamo di icone l’espressione “collezione” rischia un po’ di ridurre quello che è l’oggetto in questione. Le icone non si collezionano, ma fanno parte di un mondo legato alla preghiera e alla liturgia e dunque lo spazio adeguato in cui “incontrarle” è quello della preghiera. Tuttavia quando si tratta di icone antiche è inevitabile che queste vengano trattate e raccolte in modo diverso. L’attenzione viene posta sul loro valore artistico o storico e, di conseguenza, possono effettivamente far parte di una collezione.

La nostra “collezione” si è formata in modo non sistematico, fortuito. A parte alcune icone portate direttamente dalla Russia, il grosso della collezione fa parte di una donazione fatta da una signora di Verona, oggi defunta, Dushka Avrese. Docente di russo alla Università di Padova, aveva una vera e propria passione per le icone. La sua collezione è molto ampia con più di mille icone e soprattutto molto ricca, non tanto per l’antichità, quanto per la varietà dei soggetti iconografici. Purtroppo dopo la morte della proprietaria questo migliaio di icone è andato disperso, e questa è forse una delle cose più tristi della storia di questo patrimonio religioso e artistico. Prima di morire ci ha regalato una trentina di icone che ho scelto io tra quelle della sua collezione. Si era creata una lunga amicizia con la professoressa Dushka (era veronese ma aveva questo nome russo che le era stato dato da piccola. Significa “piccola anima”). Già dai tempi di Praglia eravamo entrati in contatto. Aveva infatti prestato alcune sue icone per una mostra all’abbazia di Praglia nel 1988 e poi avevamo ripreso i contatti negli anni ’90. Con lei si sono fatte 3 mostre di opere della sua collezione: a Seregno, a Como e a Verona. Si è sfruttata la varietà di soggetti iconografici per costruire un percorso spirituale-liturgico.

Iconografi e scuole iconografiche. Le nostre icone sono russe. La maggior parte è del XIX secolo, anche se alcune potrebbero essere del secolo XVIII. Tuttavia è molto difficile datarle perché i soggetti e i canoni iconografici si ripetono: si possono piuttosto identificare dalle scuole o dalle regioni di provenienza. Alcune vengono per esempio dalle scuole iconografiche dei Vecchi Credenti (scisma interno alla chiesa ortodossa russa, avvenuto nel secolo XVII a seguito delle riforme liturgiche del patriarca Nikon); questi riproducevano i canoni antichi, fedeli ai modelli dei secoli XV-XVI. Altre icone, invece, nella loro composizione e nelle loro forme tendenti al realismo, hanno un influsso occidentale, con uno stile più accademico e sono databili alla fine del secolo XIX. Le scuole si riconoscono in base ai colori, all’uso dell’oro o alle forme. Ad esempio alcune sono molto popolari e devozionali, fatte anche su serie: in questi casi vengono usati pochi colori che spesso giocano sull’ocra, colore tra i meno pregiati. Altre sono invece molto curate e provengono da atelier che lavoravano per chi poteva permettersi icone più raffinate. Le più grandi hanno in genere una provenienza ecclesiastica.

Le nostre icone sono quasi tutte della Russia centrale, dove c’erano monasteri e villaggi che erano “specializzati” nel dipingere icone. Ad esempio i villaggi di Palech e Mstëra producevano icone molto raffinate, con soggetti compositi, quasi delle miniature. Nel villaggio di Vetka invece vi era una scuola dei Vecchi credenti: le icone di questa scuola sono distinguibili per l’uso abbondante dell’oro e dei colori vivaci.

La bellezza di un’icona. Quale è il valore estetico di un’icona? Il criterio di bello, così come noi lo intendiamo a partire da una sensibilità legata all’arte occidentale, è difficilmente applicabile ad un’icona. Dipende molto dal soggetto che può essere più o meno evocativo, dalle forme, dal linguaggio simbolico, dai colori. Se dovessi scegliere un’icona della nostra collezione e definirla “bella”, soprattutto in riferimento alla raffinatezza dell’esecuzione, sceglierei quella che rappresenta l’Anno liturgico con le sue 12 grandi feste cristologiche che attorniano e fanno da cornice alla Pasqua. Ognuna è come una piccola miniatura che rappresenta la festa liturgica celebrata. Un'altra icona molto interessante è quella che rappresenta il testo liturgico “O unigenito Figlio di Dio”, in cui sono ripresi alcuni simboli e soggetti dell’Apocalisse. La trovo molto precisa nell’esecuzione. Significativa, soprattutto da un punto di vista agiografico e spirituale, è quella che raffigura San Serafino di Sarov attorniato dalle scene della sua vita. Sebbene sia molto recente (Serafino è stato canonizzato nel 1903) è affascinante perché naif ed espressiva, nelle scene che rappresentano i vari passaggi della vita del santo e nel modo di raffigurare la natura del paesaggio russo.

Icone e preghiera. Alcune di queste icone vengono usate nella liturgia comunitaria, per esempio quella che rappresenta le 12 feste, quella del Battista con le scene della sua nascita e del suo martirio, quella di Maria Egiziaca. È un modo per renderle vive e ridonare ad esse il loro significato originario. Altre sono più difficilmente utilizzabili perché hanno come soggetto quelle di feste o santi che non compaiono nel nostro calendario. Ad esempio l’icona “O unigenito Figlio di Dio” fa riferimento ad un testo della liturgia bizantina ed è meno collocabile all’interno di una nostra celebrazione liturgica. Tra l’altro questo tipo di icone ha una funzione catechetica: sono icone complesse, che creano una sintesi teologico-iconografica, sono ricche di simboli con riferimenti alla Scrittura, all’innografia e ai Padri.

È interessante notare che ogni fratello della comunità di fronte a queste icone manifesta un atteggiamento diverso. Ciascuno ha una sua sensibilità soprattutto in relazione alla preghiera: alcuni si soffermano davanti ad esse per contemplarle, altri le portano in cella per pregare davanti ad esse, altri invece no.

Una “collezione” in crescita? È normale che una collezione si arricchisca di nuovi soggetti, ma per quanto riguarda la nostra raccolta dobbiamo precisare che essa è anzitutto un dono e non frutto di un sistematico collezionismo! Ben al di là del collezionismo è importante sapere che ogni icona è un tesoro prezioso per un fedele ortodosso e quindi un fedele si relaziona ad essa attraverso la preghiera. Così ognuna ha una storia sacra! In Russia quando una famiglia non era più credente o non poteva più esprimere la sua fede conservava comunque le icone perché erano la memoria storica della famiglia.

Nella nostra collezione non ci sono icone di iconografi contemporanei, anche perché di fatto nel nostro monastero c’è una scuola iconografica. Nel monastero di Bose, ad esempio, è esposta una bella collezione di iconografi contemporanei, il che permette di vedere gli sviluppi e le varie scuole.