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Sabato, 20 Apr 2024
La comunita' oggi
UNA NUOVA RUBRICA SULLA LITURGIA IN COMUNITÀ

L’intento di questa nuova rubrica che proponiamo ai nostri lettori è quello di condividere, in modo semplice e diretto, alcuni aspetti della preghiera liturgica così come si è andata caratterizzando nella nostra comunità. Se ogni preghiera liturgica è sempre preghiera della Chiesa, ed è dunque celebrata nella comunione con tutta la Chiesa e come partecipazione alla preghiera stessa di Gesù che si rivolge al Padre nella potenza dello Spirito, ogni comunità ha però la possibilità di compiere alcune scelte che riguardano le modalità concrete attraverso le quali questa preghiera viene vissuta. In questo numero partiamo cercando di offrire uno sguardo sul modo in cui la nostra comunità vive il tempo forte della Quaresima: abbiamo chiesto ad alcuni fratelli che hanno cura più direttamente dell’animazione liturgica della comunità di rispondere ad alcune domande…

 

 

Quali sono le particolarità liturgiche cha caratterizzano il tempo di Quaresima nella vostra comunità e quali aspetti di questo tempo liturgico particolare sottolineano?

San Benedetto, nella Regola, chiede di vivere la Quaresima attendendo la Pasqua con la gioia del desiderio suscitato dallo Spirito. Il tempo quaresimale assume così, secondo la grande tradizione ecclesiale, non tanto il significato di una “preparazione” alla Pasqua, quanto di un celebrare già il mistero pasquale (che è sempre al cuore di ogni liturgia) nella forma dell’attesa e del desiderio. È un itinerario battesimale anche per chi il battesimo lo ha già ricevuto, per consentire al battesimo di rimanere fecondo nella propria esistenza, continuando a generare quella vita nuova che scaturisce dalla Pasqua. Per questo motivo scegliamo di non appesantire eccessivamente questo tempo con una molteplicità di momenti o tempi di preghiera diversi da quelli già proposti dalla liturgia. La Preghiera delle Ore e la celebrazione eucaristica ci offrono già un sapiente itinerario. Il problema è come viverlo con consapevolezza, accoglierlo, interiorizzarlo nella sua ricchezza.

Qualche sottolineatura comunque la facciamo. Oltre la preghiera del Canone di sant’Andrea di Creta, di cui parla fr Adalberto, concludiamo il Vespro con la preghiera quaresimale attribuita a sant’Efrem, che i nostri fratelli e sorelle ortodossi pregano più volte al giorno nel tempo quaresimale, accompagnandola con profonde prostrazioni. Anche noi la preghiamo inginocchiati, con il capo a terra, per significare, attraverso il movimento di un corpo che si prostra e si rialza, la nostra partecipazione alla morte e risurrezione di Gesù. La preghiera chiede a Dio di togliere da noi lo spirito di ozio, scoraggiamento, brama di potere e vano parlare, per donarci uno spirito di castità, di pazienza, di umiltà e di amore. Educa così al combattimento spirituale e al discernimento degli spiriti, per accogliere il dono del Paraclito che ci fa camminare con gioia e desiderio verso la Pasqua.

Un altro momento qualificante è la preghiera di terza del venerdì, incentrata sulla contemplazione del Crocifisso. Nell’ultimo venerdì, prima delle Palme, al suo posto viviamo la prima parte di una celebrazione comunitaria della riconciliazione che si conclude, dopo le confessioni individuali, con una celebrazione di ringraziamento nel giovedì santo, giorno nel quale la Chiesa antica riconciliava i peccatori dopo il cammino penitenziale.

Ogni anno scegliamo un testo biblico da leggere per lo più integralmente durante le Vigilie. Quest’anno, accogliendo l’invito dell’Arcivescovo nella sua proposta pastorale, ascolteremo testi sapienziali: il Qoelet nella sua integralità e un’ampia selezione dal Siracide.

Un’ultima considerazione: accogliamo nella nostra liturgia, come in altri tempi dell’anno, preghiere tipiche della tradizione bizantina, come la preghiera di Efrem o il Grande Canone. La divisione tra le Chiese è una ferita dolorosa, che avvertiamo in modo più forte nel non celebrare insieme la Pasqua, nella stessa data. Accogliere queste preghiere ci fa pregustare quella comunione che speriamo, e ci fa attendere la Pasqua anche con questo desiderio dello Spirito, che ritesse comunione laddove altri spiriti gettano divisione (fr Luca).

 

 

La preghiera del Grande Canone: puoi spiegarci di cosa si tratta, qual è la sua origine e come viene pregato nel vostro monastero?

Ogni tradizione liturgica ha la sua ricchezza, ha le sue espressioni verbali o rituali che modulano o accentuano i suoi contenuti. Questo certamente non permette di mescolare le forme liturgiche o creare degli ibridi. Ma la storia insegna che le tradizioni liturgiche della Chiesa indivisa sono organismi vivi, hanno sempre “dialogato” tra loro e si sono reciprocamente influenzate. Ora con una conoscenza migliore di queste liturgie, fatto che ha permesso il superamento dell’idea di una priorità (ed esclusività) del rito romano sulle altre tradizioni liturgiche, e con una sensibilità ecumenica accresciuta, ci si sente più liberi nell’accogliere elementi o testi che provengono da altre chiese cristiane, soprattutto da quelle orientali. Le liturgie orientali hanno una ricchezza sorprendente, sia per il loro linguaggio simbolico sia per l’abbondanza di testi poetici. Uno di questi testi poetici proprio della tradizione bizantina è il Grande Canone quaresimale composto da sant’Andrea di Creta (+740). Il Canone è una particolare composizione innografica che si struttura a partire da nove odi tratte dalla Scrittura. Andrea, nativo di Damasco e vescovo di Gortina nell’isola di Creta, è uno dei grandi compositori poetico-liturgici della chiesa bizantina. Il Canone penitenziale o Grande Canone viene celebrato tutto di seguito, nelle chiese ortodosse, il giovedì della quinta settimana di Quaresima, all’ufficio di Compieta. Suddiviso in quattro parti, viene anche letto dal lunedì al giovedì della prima settimana di Quaresima. È dunque una composizione liturgica a sé stante e quindi facilmente inseribile nella nostra liturgia. Ma ciò che lo caratterizza è il contenuto. Il linguaggio è poetico e quindi molto evocativo, quasi affettivo. Il Canone si presenta come un progressivo cammino di liberazione dal peccato attraverso l’esperienza del penthos, l’esperienza di un cuore ferito da cui sgorgano le “gioiose lacrime” della compunzione. Questo cammino è nutrito e modellato dalla Scrittura: scopo del Grande Canone è proprio quello di rivelarci il peccato e di condurci al pentimento, non attraverso definizioni ed enumerazioni, bensì attraverso una profonda meditazione sulla grande storia biblica, che è, infatti, la storia del peccato, del pentimento e del perdono. Questa meditazione ci introduce in un mondo spirituale diverso, ci confronta con una visione totalmente differente dell’uomo, della sua vita, delle sue mete e delle sue motivazioni. Essa ristabilisce in noi il quadro spirituale fondamentale, all’interno del quale ridiventa possibile il pentimento. Il Canone inizia con queste parole: «Su quale gesto della mia vita darò inizio al pianto? Quali note scriverò a preludio di questo mio lamento? Nella tua misericordia, o Cristo, dei miei peccati dammi il perdono». Ogni tappa di questo cammino è caratterizzata da una progressione e da una apertura sempre più luminosa e liberante alla misericordia di Dio in Cristo e nutrita da un incessante penthos. Inoltre le varie tappe di questo cammino sono altrettanti temi che caratterizzano il penthos: la nostalgia del Paradiso perduto; la consapevolezza del peccato e delle passioni che abitano il cuore; la scoperta della potenza liberatrice della risurrezione di Cristo; la fiducia, l’umiltà e l’impegno ascetico che provengono da questa scoperta; e infine le lacrime, segno limpido che testimonia il passaggio dalla memoria del proprio peccato alla memoria del perdono di Dio. Sono temi che devono nutrire la nostra vita spirituale e, quindi, trasformarli in preghiera ci aiuta nel nostro cammino quaresimale. Per questo si è scelto di celebrarlo in quattro sere, al posto di compieta, durante la Quaresima. Anche se è un testo che richiede un impegno celebrativo notevole, sia per il tempo sia per l’attenzione a un linguaggio non usuale, può diventare anche per noi una ricchezza che ci aiuta ad entrare più profondamente nel mistero della conversione e nel mistero della morte e resurrezione di Cristo. E di tutto questo dobbiamo essere grati alle chiese d’Oriente (fr Adalberto).

 

 

Qual è il senso del digiuno per il cristiano di oggi?

Nella tradizione cristiana il tempo di Quaresima si contraddistingue per essere un tempo penitenziale. Attraverso alcuni strumenti propri - la preghiera, i gesti di carità e il digiuno, che sono mutuati dal Vangelo - essa intende aiutare i credenti a purificare il cuore, portandoli ad accogliere di nuovo e più pienamente, in sincerità e verità, l’amore di Dio. Infatti il cammino cristiano, in ogni tempo dell'anno ma soprattutto nella Quaresima, è relazione con il Signore, è movimento dietro a Gesù, è scelta della dinamica del perdere per ritrovare, dell’aprire il cuore per una comunione più grande.

Con lo strumento del digiuno, in particolare, la Quaresima educa i cuori - attraverso l’astinenza del corpo - a lasciare uno spazio per l’ascolto, ad abitare un vuoto. Togliersi il pane di bocca diviene simbolo della scelta di un cibo diverso, venuto dal cielo – il cibo che il Figlio di Dio ha preparato – che vale più del cibo della terra di cui si sostenta la vita materiale. Fare digiuno è quindi propedeutico ad un ascolto della Parola sentito con maggiore apertura, vissuto con maggior interesse, cercato con maggior costanza.

Non solo: togliersi il cibo di bocca è anche apprendistato alla condivisione, è rinuncia alla bramosia a favore del bene del fratello e della sorella che vivono accanto a me. È cura e custodia della vita dell’altro.

Dal punto di vista concreto la tradizione cristiana propone il digiuno in modo particolare nelle due giornate del Mercoledì delle Ceneri, inizio della Quaresima, e del Venerdì Santo, memoria della Passione e morte del Signore. Anche gli altri venerdì di Quaresima sono indicati come giorni di magro e astinenza, dunque da vivere con sobrietà e frugalità. Per il resto della Quaresima si è imposta una pratica personalizzata che lascia alla discrezione di ciascuno la scelta di gesti educativi e spirituali in grado di promuovere o far ripartire il cammino di fede.

Nella nostra Comunità monastica vale quanto in genere affermato e richiesto dalla Chiesa: si vivono i due grandi digiuni del Mercoledì delle Ceneri e del Venerdì Santo, oltre ai propositi personali che vengono concordati, secondo la Regola, tra il monaco ed il priore. A questi si aggiungono altre due piccole pratiche comunitarie: la rinuncia al vino durante i pasti (tranne la domenica) e il digiuno o pasto frugale, il mercoledì sera. Niente di esoso, a dire il vero, ma utile a riaccogliere l’essenziale della scelta di fede (fr Pierantonio).