Laboratorio iconografico
«...Anche l'immagine è predicazione evangelica. Gli artisti di ogni tempo hanno offerto alla contemplazione e allo stupore dei fedeli i fatti salienti del mistero della salvezza, presentandoli nello splendore del colore e nella perfezione della bellezza. È un indizio questo, di come oggi più che mai, nella civiltà dell'immagine, l'immagine sacra possa esprimere molto di più della stessa parola, dal momento che è oltremodo efficace il suo dinamismo di comunicazione e di trasmissione del messaggio evangelico» (Benedetto XVI)
Scrivere con i colori la fede
Lo "splendore di Cristo" e la dignità dell'uomo creato "a sua immagine e somiglianza". L’icona nasce nei primi secoli del cristianesimo per testimoniare lo splendore di Cristo, Dio fatto uomo, e insieme la dignità dell’uomo creato a immagine e somiglianza del suo Creatore. A testimonianza di ciò portiamo riportiamo quanto un autore antico, Evagrio Pontino, diceva: "Il Verbo indescrivibile del Padre si è fatto descrivibile, incarnandosi in Maria. E avendo ristabilito l’immagine infangata nella sua antica dignità, Egli l’ha unita alla bellezza divina. E confessando la salvezza, noi ne facciamo immagini con l’azione e con la parola (dal kontakion della Festa dell’Ortodossia); Se vuoi comprendere ciò che sei, non guardare a quello che sei stato, ma all’immagine che Dio aveva nel crearti (Evagrio Pontico).
L’icona non è una semplice immagine, ma luogo della Presenza Divina, una rivelazione del Divino. “L’icona designa l’Assoluto con i colori del relativo”.
Lo scopo principale dell’iconografia non era tanto quello di presentare un’opera “bella” ma quello di annunciare, manifestare, esprimere la realtà spirituale dei misteri della fede. Si tratta perciò di un’opera teologica che, in quanto tale, esprime l’invisibile: ciò che il Vangelo e gli altri testi dicono con la parola, l’iconografo lo annunciava coi colori: ciò che il vangelo ci dice con la parola l’icona lo annunzia con i colori e ce lo rende presente (Concilio Costantinopolitano IV (869-870), Can. 3); La Divinità è presente tanto nell’immagine della croce quanto in altri oggetti divini, ma non in virtù dell’identità di natura – poiché tali oggetti non sono la carne di Dio – bensì in virtù della loro partecipazione relativa alla Divinità, in quanto partecipano alla grazia e all’onore (Teodoro Studita).
Secondo la Tradizione ortodossa, così come nell’Eucaristia Cristo si dona, nell’icona Cristo si mostra. La differenza è che i Santi Doni sono identici al loro Prototipo (Cristo), mentre l’icona è un riflesso, una somiglianza del Prototipo. «L’icona è legata al suo prototipo non perché è identica a quel che rappresenta – ciò sarebbe evidentemente assurdo – ma perché rappresenta la sua persona e ne porta il nome. È proprio questo che rende possibile la comunione con la persona rappresentata attraverso la sua immagine, la conoscenza di quella persona. A causa di questo legame “l’onore reso all’immagine va al suo prototipo”, come dicono i Padri del Settimo Concilio Ecumenico citando le parole di san Basilio il Grande (De Spiritu Sancto, 18,45). […] L’icona è santificata dal nome di Dio e dai nomi degli amici di Dio, cioè dei santi, spiega san Giovanni Damasceno [Discorsi, II,14], e per questa ragione essa riceve la grazia dello Spirito divino» (L. USPENSKIJ, La Teologia dell’icona. Storia e iconografia, La Casa di Matriona, Milano 1995, 82.85).
Nelle icone la prospettiva è inversa: il punto di fuga non è da cercare entro la rappresentazione in un lontano orizzonte; esso si trova dinanzi all’icona, il punto di fuga è colui che sta dinanzi all’icona. Tutta la rappresentazione iconografica intende rivelare a noi che veneriamo le icone il mistero del’incarnazione e della nostra salvezza-santificazione. Nella sua incarnazione il Figlio di Dio ricrea, rinnova nell’uomo l’immagine divina infangata dalla caduta di Adamo. «L’icona rappresenta non la carne corruttibile destinata alla decomposizione, ma la carne trasfigurata, illuminata dalla grazia, la carne del mondo che verrà (1Cor 15,35-49). Essa trasmette con mezzi materiali, visibili agli occhi di carne, la bellezza e la gloria divina. I Padri dicono che l’icona è venerabile e santa, precisamente perché trasmette lo stato deificato del suo prototipo [Gesù Cristo] e ne porta il nome, perché la grazia che appartiene al prototipo vi è presente. In altre parole, la grazia dello Spirito Santo suscita la santità sia della persona raffigurata che della sua icona, ed è in tale grazia che si opera la relazione fra il fedele e il santo, mediante l’icona di quest’ultimo. Per così dire, l’icona partecipa alla santità del suo prototipo e anche noi, per mezzo dell’icona, partecipiamo a questa santità nella nostra preghiera» (L. USPENSKIJ, La Teologia dell’icona, 111).
L'angolo bello. Lo spazio liturgico è il luogo privilegiato per una autentica comprensione dell’icona, e, d’altra parte, l’icona diventa visibilizzazione del mistero celebrato. L’icona non è semplicemente funzionale alla liturgia: l’annuncio della salvezza comunicato dalla liturgia con segni e simboli, con le parole e la musica, viene rappresentato dall’icona attraverso i colori, l’immagine, la luce.
Ciò detto non significa che l’icona non possa uscire dallo spazio della chiesa in quanto edificio. San Paolo scrive ai Romani (12,1): “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offre i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale”. Poiché l’uomo è tempio dello Spirito Santo egli deve fare della sua vita un culto spirituale, un rendimento di grazie, una celebrazione della misericordia di Dio. Il luogo specifico di tale culto è la vita quotidiana, primo fra tutti l’ambiente familiare. L’icona perciò, accompagna anche la vita del credente, come presenza silenziosa ed orante che prolunga la celebrazione liturgica, divenendone quasi la memoria quotidiana.
L’icona del Pantocratore, della Madre di Dio e dei Santi possono guidare la vita del cristiano. Ad esempio, al battesimo il credente può ricevere una icona del santo di cui porta il nome; nei passaggi significativi della sua vita può ricevere l’icone del Salvatore o della Madre di Dio. Vi è un tipo di icone particolari che vengono chiamate dalla tradizione ortodossa icone “di famiglia”, recanti le immagini del Cristo o della Madre di Dio col Bambino, affiancate dalle immagini dei Santi patroni dei componenti della famiglia. Simili icone diventano allora punto di riferimento per la preghiera della famiglia, luogo di richiesta di intercessione quotidiana per la vita propria e dei propri cari. Accompagnata da un cero o una candela, e in modo più completo dal Libro della Bibbia affiancata da una croce, essa diventa quello che appunto viene chiamato “angolo bello” della propria dimora.
La tecnica dell'icona
L'icona manifesta un'arte sacra antichissima che ha radici profonde nella tradizione cristiana orientale, specialmente nelle Chiese ortodosse e bizantine. Le icone non sono semplici opere artistiche, ma strumenti di preghiera e contemplazione, che hanno lo scopo di rendere visibile l'invisibile, rappresentando la dimensione divina. Ogni aspetto della creazione di un'icona segue regole precise e ha un significato simbolico.
Le caratteristiche principali della tecnica iconografica sono:
la Preparazione spirituale:
L'iconografo non è solo un artista, ma anche una persona che vive la propria arte come atto di preghiera. La creazione dell'icona è accompagnata da un cammino spirituale: spesso l'iconografo prega e digiuna, e può seguire antiche formule o tradizioni liturgiche durante il processo di pittura.
Si ritiene che l'iconografo sia un intermediario, non il vero creatore: l'opera non è frutto della sua creatività personale, ma una "scrittura sacra" ispirata dallo Spirito Santo.
la scelta di materiali propri e preparazione della tavola da dipongere:
Le icone tradizionali vengono dipinte su tavole di legno. La tavola è preparata con strati di colla e tessuto, seguiti da una serie di mani di gesso (spesso a base di colla animale e gesso di Bologna). Questo crea una superficie bianca e levigata sulla quale l'iconografo può lavorare.
Il legno simboleggia la Croce di Cristo, ma anche la durezza e la stabilità del Regno dei Cieli.
Valorizzazione della pittura a tempera all'uovo:
La tecnica tradizionale per la pittura delle icone è la tempera all'uovo. I pigmenti naturali in polvere vengono mescolati con tuorlo d’uovo e acqua. Questo tipo di tempera produce colori luminosi e duraturi, ideali per le immagini sacre che devono resistere nel tempo.
I pigmenti utilizzati sono spesso ricavati da materiali naturali come minerali, terre e vegetali. Ad esempio, l'azzurrite o il lapislazzuli per i toni blu, il cinabro per il rosso, e la malaquite per il verde.
Luce interiore e assenza di prospettiva:
Una delle caratteristiche fondamentali delle icone è l'assenza della prospettiva lineare, che è tipica dell'arte occidentale. Invece, l'icona utilizza una prospettiva inversa, dove i punti di fuga non convergono ma si aprono verso l'osservatore. Questo simboleggia che non è l'osservatore a guardare l'icona, ma l'icona "guarda" l'osservatore, creando un dialogo spirituale.
Le figure nelle icone non sono illuminate da una luce esterna, ma da una luce interiore, che rappresenta la gloria divina. Questa luce è simbolizzata dai colori brillanti e dall'uso dell'oro, che rappresenta la luce divina che non tramonta mai.
L'uso della foglia d'oro:
L'oro è un elemento centrale nelle icone. Viene applicato a foglia, su uno strato di colla chiamato missione o bolo d'armenia. L'oro simboleggia la luce del Cielo, la gloria divina e la santità. La presenza di fondi dorati o aureole dorate sottolinea la realtà trascendente e ultraterrena delle figure rappresentate.
L'oro non è usato per creare ombre o per definire il volume, ma per rappresentare l’eternità, la santità e la luce divina che permea tutto.
Stilizzazione e astrazione nelle forme:
Le figure nelle icone sono rappresentate in modo stilizzato, non naturalistico. I volti sono spesso allungati, gli occhi grandi e le proporzioni non rispettano le regole della realtà fisica. Questo non è casuale: le icone non mirano a rappresentare la realtà terrena, ma la realtà spirituale. La stilizzazione indica che ciò che viene rappresentato appartiene a un regno superiore.
Le proporzioni, i gesti e le pose dei santi e di Cristo nelle icone seguono modelli stabiliti dalla tradizione. Ogni santo ha tratti distintivi, come vestiti o oggetti specifici, che aiutano a identificarlo.
Scrittura dell'icona:
Nell'ambito iconografico, non si parla di "dipingere" un'icona, ma di scrivere un'icona. Questo perché l'icona è considerata un testo sacro visivo, che trasmette verità teologiche in forma visibile. Le icone sono paragonabili alla Scrittura perché sono un mezzo attraverso il quale si comunica la Rivelazione divina.
Il simbolismo del colore:
I colori nelle icone hanno significati simbolici molto profondi. Ad esempio:
Rosso: simboleggia la vita, il sacrificio e l'amore divino.
Blu: rappresenta il mistero, la trascendenza e il Cielo.
Oro: rappresenta la gloria divina e la luce eterna.
Verde: simboleggia la vita eterna e la rinascita spirituale.
Bianco: rappresenta la purezza, la luce divina e la resurrezione.