Giornate di Dialogo

Incontri svolti lungo l'anno 2024

INCONTRO CON GIANNI VACCHELLI

Sabato 22 giugno 2024

Negli ultimi anni possiamo notare una limpida ed assoluta assenza dei concetti di dialogo e pace che tanto hanno animato la fine del II Millennio. Le potenze occidentali hanno ricominciato a dividersi e a riorganizzare i loro schieramenti sul globo. La violenza, le armi, i discorsi divisivi sono riusciti a riportare la socialità al suo stato originario, quello della guerra e della violenza, mentre sembrava superato. Rileggere Panikkar (1918 -2010) oggi è un invito a riprendere in mano il tema della pace dell’umanità come dialogo culturale che suggerisce di lasciare ogni dualismo e di tessere insieme i tratti comuni che ogni religione rivela della natura umana.

Nato a Milano nel 1967, è narratore, scrittore e docente (PhD). Insegna in un liceo classico del milanese ed è contrattista all’Università Statale di Milano e all’Uniciels. Co-fondatore della Comunità di Ricerca “Colligite Fragmenta”, già attiva presso l’Università di Bergamo, è stato amico personale e libero allievo di Raimon Panikkar. I suoi principali oggetti di studio e di scrittura sono la narrazione, Dante, la Bibbia, il pensiero e l’opera di Raimon Panikkar, la mistica, letti con un’ermeneutica attenta all’interculturalità e alla dimensione simbolico-interiore e critico-politica. In questi ultimi anni si è occupato di una riarticolazione di spiritualità, politica ed economia, nell’ottica di una nuova educazione liberatrice. Tiene conferenze, seminari, laboratori, gruppi di “lettura dialogale” e corsi in Italia e all’estero. Collabora con il quotidiano L’Avvenire e con varie testate online. È uno degli otto estensori dell’Appello per la Scuola Pubblica. Organizza convegni, presentazioni e eventi culturali. Tra i suoi libri narrativi ricordiamo: i romanzi Arcobaleni (2012, Marietti); Eutopia, scritto con Maristella Bellosta sulla scuola (2014, Mimesis); la raccolta di racconti Generazioni. Storie di liberazione e abisso (2016, Mimesis). Tra i libri saggistici: Dagli abissi oscuri alla mirabile visione. Letture bibliche al crocevia: poesia simbolo e vita, Marietti, 2008, con la prefazione di Raimon Panikkar; Per un’alleanza delle religioni. La Bibbia tra Panikkar e la radice ebraica, Servitium, 2010; Viaggio, Emi, 2010; Per un’ermeneutica simbolica. Tra filosofia, religione e poesia, Ed. Simple 2012; L’«attualità» dell’esperienza di Dante (2015, Mimesis). Del 2018 il nuovo saggio dantesco Dante e la selva oscura (2018, Lemma Press); e due romanzi: 2081, sulla scuola, scritto con M. Bellosta (2018, Mimesis) e Alice danza nella notte (Bolis, 2018). Nel 2019 sono usciti il saggio Dante e i bambini per Lemma Press e il romanzo-fiaba La stella dell’orso (La Vita Felice). Del 2020 sono il libello politico-antropologico «L’inconscio è il mondo là fuori». Dieci tesi sul capitalocene: pratiche di liberazione (Mimesis) e il saggio Dante e l’iniziazione femminile. Beatrice, Maria e altre ‘dee’. Nel 2022 sono usciti il suo sesto romanzo, manitas (Jouvence) e la sua opera narrativa più importante dopo 20 anni di gestazione: I Vivi (un’orestea), un lungo romanzo-trilogia, che riscrive l’Orestea di Eschilo dal punto di vista dei bambini e rivaleggia in modo seriogiocoso con l’Ulisse di Joyce. (Fonte: http://www.factotumagency.it/it/autore/gianni-vacchelli).

I 9 sutra sulla pace. I sutra sono fili di un’unica collana. Insieme formano il gioiello chiamato Pace

(Tratto dal discorso di Raimon Panikkar al Parlamento delle Religioni, Barcelona 2004)    Qui download del testo completo


La pace non significa assenza di forze o di polarità, non è statica, né dinamica, non altera il ritmo della realtà. Non è nemmeno un movimento dialettico. L’Essere è ritmico, è ritmo, integrazione a-dualista del movimento e del riposo. La cultura tecnocratica coltivando l’accelerazione ha sconvolto i ritmi naturali: è senza pace.


Ogni giorno migliaia di persone sono vittime della guerra. In tutto il mondo vi sono milioni di profughi, bambini abbandonati nelle strade e persone che muoiono di fame. Non si deve minimizzare questa degradazione umana della nostra razza. Ma se la pace interna sussiste c’è ancora speranza. La pace è più che un’essenza di conflitti armati. Non si può godere di una pace interna se il nostro ambiente umano ed ecologico è vittima di violenze e di ingiustizie; in questo caso la pace interna è un’illusione. Nessun autentico saggio (da Buddha a Cristo) si rinchiude nell’egoismo e nell’autosufficienza.

 

Non si combatte per la pace; si combatte per i propri diritti o, eventualmente, per la giustizia, ma mai per la pace. E’ una contraddizione. Noi accettiamo la pace come un dono, ma il dono della pace non è un giocattolo. È una spinta, una aspirazione. La pace non è una condizione pre-confezionata. La natura della pace è grazia. Noi scopriamo la pace: è una scoperta non una conquista. È frutto di una rivelazione: possiamo sperimentarla come la rivelazione dell’amore, della bellezza della realtà, di Dio, dell’esistenza della provvidenza, di un significato nascosto, dell’armonia dell’essere o della bontà della creazione, della speranza, della giustizia o anche dell’amore puro di chi ama.

La pace deve essere continuamente nutrita e persino creata. La pace si ricrea ogni volta.

 

La maggior parte delle guerre ha trovato giustificazione come risposta a trattati di pace anteriori. I vinti riappaiono ed esigono ciò che è stato loro negato. La stessa repressione del male non può portare risultati durevoli perché nessuna vittoria ha mai portato una vera pace.

La pace non è mai il risultato del bene contro il male. Il giovane rabbino di Nazaret invitava a far crescere insieme grano e zizzania. La pace fugge il campo dei vittoriosi. La vittoria non è mai nei confronti del male ma è sempre sulle persone; ma le persone non sono mai assolutamente cattive.

 

Dobbiamo disarmare le nostre rispettive culture insieme con l’eliminazione delle armi. Le nostre culture sono spesso bellicose, trattano gli altri come nemici, come barbari, selvaggi, primitivi, pagani, non credenti, intolleranti e così via.

Disarmo culturale non significa voler tornare alla vita primitiva ma presuppone una critica della cultura non solo alla luce di ciò che non è andato bene ma anche nella prospettiva di un approccio interculturale genuino.

Il disarmo culturale tuttavia è rischioso e difficile quanto quello militare. Rende vulnerabili.

 

Oggi nessuna religione potrebbe fornire risposte universali ai problemi dell’umanità, senonaltro perché le domande non sono le stesse. Nel momento in cui gran parte delle religioni tradizionali tendono a deporre il manto dell’imperialismo, del colonialismo e dell’universalismo, la cosiddetta visione scientifica del mondo sembra raccogliere l’eredità culturale di questi atteggiamenti. Per questo bisognerebbe allargare lo sguardo che passi dal pluralismo. Il vero confronto può avvenire solamente attraverso un dialogo inter e intra-culturale.

 

Shalom, pax, Eirene, salam, friede, shanti, pìng’ān: la pace è polisemica, ha numerosi significati. La mia nozione di pace può non essere pacifica per qualcun altro. La pace nasce dal logos ma non è sinonimo di pacifismo, è un mito, qualcosa in cui si crede in quanto dato. Non è irrazionale ma rende intelligibile l’atto di intendere. Pace non vuole dire mantenere uno status quo rivelatosi ingiusto ma la sua trasformazione in un fluxus quo, un muoversi verso un’armonia cosmica sempre nuova. Tutto l’universo è coinvolto nella stessa avventura.

Il mito è quella dimensione di ineffabilità che non contraddice la ragione ma la supera. Compito del mito è liberare l’uomo dal delirio di onnipotenza, quello del logos indicare il confine dove comincia l’irrazionalità.

 

La religione è stata sempre considerata in passato come via di salvezza. Le religioni erano strumenti di pace interiore per i propri adepti e di guerre per gli altri. Oggi siamo testimoni di una trasformazione della nozione stessa di religione che rappresenta la via che in modi diversi può raggiungere quella pace che rimane uno dei pochi simboli universali. La strada per la pace è rivoluzionaria.

Un pensiero religioso è (ri)legante, accoglie le infinite complessità dell’essere e lavora in noi e tra noi, a (ri)congiungere ciò che è disperso, (ri)conoscendo l’oltre nel comune che ci lega.

 

Punizione, indennizzo, restituzione, riparazione non portano alla pace. Credere che ristabilire l’ordine sconvolto risolva la situazione è un modo di pensare grossolano, meccanicistico e infantile. L’innocenza perduta esige la redenzione e non il sogno di un paradiso ritrovato. La via verso la pace è in avanti e non indietro. La storia umana esige il perdono. Per perdonare ci vuole una forza che vada oltre l’ordine meccanico di azione-reazione, necessita dell’Amore, pilastro dell’universo.

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( > Presso il canale youtube della Comunità monastica)